Sono storie affascinanti, quelle che si nascondono dietro le antiche preparazioni legate ad un territorio. Storie e gesti che si tramandano oralmente, di nonne che insegnano alle nipoti come fare, senza troppe regole, il detto è “guarda e impara”. Fu così che, all’avvicinarsi dell’autunno l’uva veniva raccolta, e scrocchiata tra la dita ossute e sapienti di una antica contadina e la nipote, con il naso appoggiato all’altezza del lavabo di marmo, era lì a guardare, a rubare chicchi d’uva, ad insistere perché la nonna la facesse provare.
La marmellata di uva abruzzese si chiama scrucchiata e si realizza con uva Montepulciano,
perché è la bacca rossa più diffusa in zona.
Gli acini , secondo la ricetta tradizionale devono essere schiacciati a mano, non è poi così difficile quindi comprendere il perché questa marmellata si chiama così, giusto?
I chicchi d’uva vengono quindi separati dai vinaccioli e il procedimento è lungo e noioso, tant’è che attualmente quella poesia romantica di compiere determinati gesti è stata soppiantata da un bel passa verdure, che a mio avviso, e non incolpatemi per questo, da degli ottimi risultati se utilizzato con cautela, l’importante è non spaccare i semini.
E’ una marmellata buonissima, che io faccio senza aggiunta di zucchero perché è naturalmente dolce e viene utilizzata per molti dolcetti abruzzesi, magari con aggiunta di noci e mandorle nella farcitura di biscotti.
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